IL BLOG DELLA NATUROPATIA
la mindfullness oggi
di Roberto Maria Sassone
Jon Kabat-Zinn, biologo molecolare, nel 1979, con il sostegno del primario di Medicina Interna del Medical Center dell’Università di Worcester (Boston – Massachusetts), fonda la prima clinica per la riduzione dello stress basata sulla coltivazione della Consapevolezza. Nasce così la Mindfulness. Dobbiamo però ricordare che Kabat-Zinn a partire dagli anni 60 inizia ad interessarsi di pratiche meditative orientali e si dedica alla Vipassana Theravada, la pratica che Buddha insegnò dopo la sua illuminazione. La Mindfulness quindi nasce dalla Vipassana di cui fornisce una visione laica attraverso un protocollo (MBSR) che Kabat-Zinn creò con lo scopo di portare questa pratica nelle cliniche e renderla quindi accettabile al mondo scientifico e accademico.
Prima di Kabat-Zinn esisteva la “meditazione” e non si parlava assolutamente di mindfulness. La mindfulness quindi di fatto è una pratica di meditazione che deriva dalla Vipassana. Faccio questa precisazione per dire che oggi la parola mindfulness si usa in maniera generica come sinonimo di pratica di consapevolezza e non necessariamente fa riferimento al protocollo di Kabat-Zinn. Anzi, in alcuni casi la parola è diventata inflazionata e strumentalizzata, come spesso accade quando diventa possibilità di profitto.
Ora però vediamo insieme gli aspetti salienti della mindfulness che ne fanno uno strumento prezioso: essi sono quelli che sono comuni alla meditazione Vipassana, ovvero l’attenzione sul respiro per quietare gradualmente la compulsiva attività della mente che ormai ci caratterizza, lo sviluppo di un osservatore che ci consenta di prendere atto del corpo, delle sensazioni, delle emozioni e dei processi mentali, disidentificandoci da essi per “vederli” più chiaramente, e la capacità di stare pienamente nella vita, nel momento presente, includendo ogni esperienza per quella che è. Vipassana infatti significa chiara visione.
La maggioranza dei modelli psicologici e delle scuole di psicoterapia hanno preso in considerazione i meccanismi psicologici dell’individuo, la struttura della sua personalità, le sue pulsioni inconsce, trascurando la dimensione del transpersonale che è stata invece esplorata dalle filosofie orientali e dall’esoterismo occidentale. Carl Gustav Jung e soprattutto Roberto Assagioli sono stati pionieri di questa dimensione.
L’uso sempre più frequente delle pratiche di meditazione ha creato spesso una frattura tra la psicologia e la ricerca interiore. Per questo motivo chi si avvicina ad una psicoterapia in molti casi ritiene che la ricerca spirituale appartenga ad un’altra sfera e chi segue una via “spirituale” spesso ritiene che la sfera dell’ego debba essere saltata a piè pari.
Sta emergendo invece una nuova tendenza che personalmente ho sempre seguito fin da quando ero un giovane ed inesperto psicoterapeuta: riunire questi due filoni di ricerca che sono invece complementari e riguardano l’essere umano nella sua dimensione integrale.
A mio avviso la mindfulness è stato un elemento importante per favorire questa fusione. Essa ha tolto l’etichetta “spirituale” alla pratica di meditazione, consentendo a molte persone di avvicinarsi ad essa, inserendola nel processo di crescita psicologica. Inoltre molti psicoterapeuti di varie scuole, anche quelli più positivisti, hanno iniziato a praticarla e ad inserirla come pratica nel loro lavoro, insegnandola ai pazienti.
Un grande aiuto a legittimare la mindfulness è stato dato dalle neuroscienze. Sono ormai centinaia le ricerche pubblicate in riviste scientifiche importanti che dimostrano l’efficacia delle pratiche di consapevolezza che producono trasformazioni a livello neurologico ed endocrino, oltre a favorire processi di equilibrio emotivo, di aumento dell’attenzione e della resilienza.
Personalmente, in quanto psicoterapeuta della scuola di Wilhelm Reich (S.I.A.R.) ed istruttore di Mindfulness ho riscontrato la grande efficacia di questo connubio. Ho spiegato in maniera dettagliata il processo di trasformazione nel mio libro “Educazione alla Ricerca Interiore” (Anima Edizioni).
Desidero dire che, pur essendo istruttore di Mindfulness, la pratica che seguo e che sento profondamente è la Vipassana Theravada da cui, come ho già detto, deriva la Mindfulness. La Mindfulness di Kabat-Zinn nasce con il progetto di agire sullo stress e questo la rende encomiabile; ma l’essenza della Vipassana invece è la mancanza di ogni scopo. Si pratica la pura consapevolezza e attraverso di essa avvengono dei processi trasformativi in maniera naturale, fino ad avere esperienza della “pura coscienza” senza alcun contenuto che costituisce la nostra intima essenza.
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